Il ponce alla livornese

Il ponce alla livornese è una bevanda tradizionale della città di Livorno lo si beve nei bar della città  ed è risaputo che faccia bene a tutto e a tutti. Il ponce si beve se si è tristi, se si è felici, se si ha il raffreddore, la tosse o altri acciacchi, per una promozione lavorativa, per una botta di vita, a pranzo a merenda  e a cena.

 Il ponce è una bevanda  alcolica nata a Livorno tra i secoli XVII e XVIII e deriva dal punch inglese, ne è una rivisitazione, ed è stato diffuso in città da una commistione con la comunità britannica e la sua cultura. A Livorno città portuale, sì, c’erano anche gli inglesi che erano sempre un po’ ovunque con le loro abitudini. Loro facevano il punch ed era diverso dal ponce: nella loro bevanda c’era il té, gli inglesi si sa senza il té non sono inglesi, poi c’era zucchero, cannella, limone e acquavite (oppure acqua bollente, succo di limone, rum delle Antille, spirito di noce moscata e arak, un distillato di vino di riso originario dell’ Indonesia). 

A Livorno dove il té lo usavano per sciacquare i piatti, non ne volevano sentire parlare di questo ingrediente, il té se lo bevevano gli inglesi, il ponce dei livornesi aveva un altro ingrediente di base: il caffè concentrato e poi, al posto del rum delle Antille, un po’ troppo sofisticato e inconciliabile col sapore del caffè,  usavano il rum fantasia anche detto “rumme”, un’ invenzione locale costituita da alcol, zucchero e caramello di colore scuro. Di corredo c’era anche la scorza di limone, chiamata la vela, sulla quale ci sono storie e leggende, la più plausibile è che un oste dei tanti strofinasse i bicchieri per il ponce con una fetta di limone per lavarli, lasciando così un certo “non- so- che” che si mescolava al sapore del caffè e del rum. La scorza di limone venne chiamata la vela perché Livorno è città di mare, qualcuno vide delle vele, la fetta di limone gliele ricordò et voilà,da allora iniziò una tradizione.

La versione celebre del ponce tra Ottocento e Novecento prevedeva una bollitura del caffè macinato in una pentola piena d’acqua; da questa si ricavava un infuso che veniva filtrato con un panno di lana e immesso nella caffettiera. Al caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto il rumme o la mastice (una versione del mistrà, liquore di semi di anice verde) quanto basta. 
Fino ai primi anni del Novecento rumme e mastice venivano fabbricate dal proprietario stesso del locale.

In questa versione il ponce è scomparso negli anni cinquanta, rimase comunque in città ma con qualche variazione.

Visto che a Livorno se si fa il ponce si fa per bene, i livornesi ne hanno creato varianti per tutti i gusti perché una sembrava poca e quindi in città si trovano:

 Il ponce “mezzo e mezzo” fatto da mezza ricetta tradizionale a base di rum e mezzo bicchiere di liquore all’anice, detto sassolino.

Il ponce “cognacche”: alla ricetta classica si aggiunge un goccio di cognac per dare un sapore più deciso al rum.

Il ponce “torpedine“: la versione piccante del ponce, che si prepara aggiungendo alla polvere di caffè una punta di peperoncino. 



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